STABAT MATER
Per soprano, contralto, archi e basso continuo
Info spettacolo
Musica di Giovanni Battista Pergolesi e brani originali di Paola Magnanini
Soprano Giulia Bolcato, mezzosoprano Paola Gardina
Compagnia di danza Fabula Saltica: Cassandra Bianco, Laura De Nicolao, Davide Dibello, Federica Iacuzzi, Claudio Pisa, Manolo Perazzi, Antonio Taurino, Chiara Tosti
Maestro concertatore e direttore d’orchestra Gerardo Felisatti
Coreografia Claudio Ronda
Assistente alla coreografia Federica Iacuzzi
Costumi Antonio Taurino realizzati da Federica Coppo
Responsabile tecnico Gianluca Quaglio
Orchestra del Conservatorio Statale di Musica Francesco Venezze di Rovigo e Orchestra Regionale Filarmonia Veneta
Nuova produzione 2023 dell’Associazione Balletto “città di Rovigo” – Compagnia Fabula Saltica, con il contributo di MiC e Assessorato alla Cultura del Comune di Rovigo
Lo Stabat Mater è una meditazione, attribuita a Jacopone da Todi, che da voce alle sofferenze di Maria mentre viene crocifisso il figlio Gesù. Questa preghiera ci interroga su come può una Madre sopravvivere al dolore che consegue all’ingiusta morte del proprio figlio e ci riporta tragicamente al presente. Ci permette di riflettere sull’arroganza e la superbia dell’uomo. Ci parla della morte, di questa inafferrabile distanza tra il più misterioso e inaccessibile ma anche imprevedibile degli eventi che possa capitare a chi è ancora in vita, della solitudine del dolore, di chi nel dolore rimane, delle madri di guerre e delle violenze pubbliche e private a noi contemporanee, che non conoscono resurrezioni.
Con una progressione di quadri visivi e sonori che si succedono senza soluzione di continuità, il nostro Stabat Mater ci interroga su cosa resta dopo che si sopravvive alla morte di un figlio, di come riuscire a dare una forma e uno spazio al dolore. Il dolore archetipo di Maria, stigmatizzato nello Stabat Mater di Pergolesi, è il lamento di una voce umana che chiama alla condivisione, è come se quella voce dicesse di non essere lasciata sola, di essere aiutata a partecipare al suo dolore, di farlo anche nostro, condiviso. Nell’antichità nessuno veniva lasciato solo nel suo cordoglio, la comunità, specie quella delle donne, si affiancava al dolente, si faceva condolente, il lamento antico era un rituale obbligatorio e quel lamento aveva una sua identità ritmica e musicale e questo dava una forma al dolore, lo delimitava, lo chiudeva in un tempo musicale, si trasformava in arte, in estetica comunitaria, impediva che portasse alla follia.
Ma siamo ancora in grado di provare, riconoscere la sofferenza come parte dell’umanità e della vita, di “sentire insieme” di provare assieme un’identica emozione?
Oggi nel dolore siamo soli, arranchiamo a trovare forme di condivisione, ci chiudiamo in noi stessi, nel nostro intimo, oppure quando siamo testimoni del dolore altrui non sappiamo che fare, non abbiamo un rituale di condivisione del dolore, tutto è affidato al singolo e il singolo non sa che fare.
La musica
Dal punto di vista musicale, il progetto propone una novità assoluta che, da un lato proietta l’opera in una dimensione contemporanea, dall’altro permette ai vari episodi di legarsi ancor più efficacemente alla danza. Si è scelto infatti di unire alcuni quadri con inserti musicali composti appositamente; tali parti conservano il sentire originale del testo di Pergolesi, non attingono da materiale altro, ma sono parte del tessuto sonoro originale, elaborato, rimaneggiato e rivissuto in chiave attuale.